Gold fever

by Luca Catalano Gonzaga

Il Burkina Faso è uno dei paesi più poveri del mondo, ma è al quarto posto nella produzione d’oro dell’Africa. Gran parte dell’oro proviene da miniere su piccola scala, dove i bambini lavorano al fianco dei genitori dal tramonto al tramonto. Vengono pagati per la quantità di oro che trovano, e a volte non guadagnano soldi per settimane, addirittura mesi. Il lavoro è pericoloso. Le miniere collassano frequentemente e l’ambiente di lavoro è intossicato da sostanze chimiche pericolose come il mercurio, utilizzate nel processo di estrazione dell’oro. Migliaia di giovani del Burkina Faso vivono e lavorano in questi siti. La maggior parte di loro non è mai stata a scuola. Per molti di loro, le miniere sono la loro unica casa. L’Organizzazione internazionale del lavoro considera l’estrazione mineraria una delle peggiori forme di lavoro minorile a causa dei rischi immediati e dei problemi di salute a lungo termine che pone con l’esposizione a polvere, sostanze chimiche tossiche e metalli pesanti, oltre al lavoro manuale massacrante. I cercatori d’oro infatti impiegano mezzi rudimentali e non c’è alcun sistema di sicurezza. Nella miniera d’oro di Bani, gli uomini avanzano a gattoni, lungo tunnel profondi 80 metri, puntellati con sacchi di terra e sbarre di ferro contro il rischio frane. Le donne e bambini si occupano della frantumazione delle pietre e la polvere, che si deposita ovunque, è altamente nociva per la loro salute. Il cercatore è tenuto a vendere l’oro, una volta trattato, alla società che detiene l’autorizzazione allo sfruttamento. Il lavoro nella miniera di Bani, non è altro che la drammatica storia della moderna schiavitù. Un luogo fatto di desolazione, di diritti umani violati, dove “si scava il futuro” senza avere futuro, ma con la speranza di di tornare alla luce con la fortuna tra le mani. (testo a cura di Luca Catalano Gonzaga).